domenica, 29 luglio 2007

Caterina Caselli


Da reginetta del beat a guru della produzione italiana. Nata a Modena il 10 aprile del 1946, ma cresciuta a Sassuolo, Caterina Caselli a quattordici gira già per palchi e balere della sua zona in veste di cantante e bassista della band Gli Amici; a diciotto, nel 1964, partecipa al Festival di Castrocaro nella categoria Voci Nuove: arriva solo in semifinale, ma viene notata dall'abile discografico Alberto Carish, che ne intuisce le potenzialità. Dopo aver firmato con la neonata casa discografica milanese MRC, registra il singolo d'esordio "Sciocca/Ti Telefono Tutte Le Sere", che si rivela un fiasco. Per la Caselli arriva però una seconda e più fortuna occasione: nel 1965 si esibisce a Roma, prima al Capriccio e poi al mitico Piper, dove attira l'attenzione di Ladislao Sugar, numero uno dell'etichetta CGD, che la mette sotto contratto. Partecipa quindi al Cantagiro con "Sono Qui Con Voi" (versione italiana di "Baby Please Don't Go" dei Them) e, avvenimento decisamente più importante, al Festival di Sanremo del 1966. In coppia col cantante statunitense (all'epoca molto noto) Gene Pitney, la Caselli presenta "Nessuno Mi Può Giudicare": il pezzo, seppure non vince, ottiene un successo di pubblico straordinario, lanciando la cantante con il soprannome di Casco d'oro, per via della pettinatura bionda a caschetto (creazione dei parrucchieri milanesi Vergottini) con cui si era presentata sul palco di Sanremo. La canzone resta al primo posto della classifica per ben nove settimane e sull'onda del successo la Caselli gira anche un omonimo film con Gion Bramieri e Nino Taranto. Nel frattempo "Nessuno Mi Può Giudicare" viene tradotta ed esportata all'estero: in Spagna diventa "Ninguno Me Puede Juzgar", mentre in Francia, con il titolo "Baisse Un Peu La Radio", viene portata al successo dalla cantante Dalida. Segue un'altra hit, la cover dei Rolling Stones in versione italiana "Tutto Nero". Anno davvero fortunato il 1966: la Caselli vince il Festivalbar con "Perdono" (altro grandissimo successo di vendite) e si piazza quarta al Disco Per L'Estate con "L'Uomo D'Oro"; gira un altro film, questa volta ispirato a "Perdono", e pubblica il suo primo 33 giri, dal titolo "Caterina Meet The We Five", realizzato con la band inglese We Five. Il 1967 si apre con un'altra partecipazione al Festival di Sanremo: questa volta è in coppia con Sonny & Cher e presenta la canzone "Il Cammino Di Ogni Speranza", che non riesce a vincere ma si rivela una buona hit da classifica, seppur non ai livelli di "Sono Bugiarda", cover italiana della celeberrima "I'm A Believer" di Neil Diamond e portata al successo dai Monkees nel 1966. Dopo aver pubblicato l'album "Diamoci Del Tu", la Caselli si dedica al cinema recitando nel solo 1967 in ben quattro pellicole: "Io Non Protesto, Io Amo", film musicale nel quale ha una parte anche Mario Girotti, il futuro Terence Hill; "Quando Dico Che Ti Amo", altro film musicale in cui compaiono molti cantanti noti dell'epoca, da Enzo Jannacci a Tony Renis; "Play Boy – Sono Bugiarda", dove canta nel ruolo di se stessa; e infine "Una Ragazza Tutta D'Oro", musicarello con Iva Zanicchi, Patty Pravo e Rocky Roberts. Il 1968 è ancora un anno di grandi successi: "Carnevale", che si piazza seconda a Canzonissima, e "Il Volto Della Vita, cover di "Days Of Pearly" del folk-singer nordirlandese David McWilliams che vince il Cantagiro. Ma il 1968 vede l'uscita anche della splendida "Insieme A Te Non Ci Sto Più", il cui testo porta la firma di un giovane Paolo Conte, all'epoca ancora paroliere: piccolo gioiello di cantautorato pop, è una canzone destinata a rimanere per sempre impressa nell'immaginario collettivo degli italiani, tanto che nel 1984 Nanni Moretti la inserirà in dei suoi film più belli, "Bianca". Tra il 1969 e il 1971 la Caselli torna a Sanremo per tre edizioni consecutive: prima in coppia con Johnny Dorelli (la loro "Il Gioco Dell'Amore" arriva in finale), poi con Nino Ferrer (ancora in finale grazie a "Re Di Cuori") e infine al fianco dei Dik Dik con il brano "Ninna Nanna". Nel frattempo c'è stato il matrimonio con Piero Sugar, figlio di Ladislao, titolare della Sugar Music, al quale segue la nascita del primogenito Filippo nel 1971. Dopo una manciata di singoli, nel 1975 la cantante di Sassuolo decide di ritirarsi dalle scene e dal 1978 si dedica a tempo pieno all'attività di produttrice e talent-scout fondando l'etichetta Ascolto, finanziata dalla CGD, alla quale verrà in seguito fusa: è l'inizio di una seconda carriera fortunatissima e costellata di scoperte e intuizioni sorprendenti. In questa prima fase della sua nuova attività, tra la fine dei '70 e gli anni '80, lancia e promuove artisti come Pierangelo Bertoli, Mauro Pagani, gli Area, Enrico Ruggeri, Raf e Francesco Baccini. Nel 1989, dopo che la CGD viene assorbita dalla Warner, nasce l'etichetta Insieme-Sugar, con la quale la Caselli diventa vera e propria imprenditrice. Ed è subito successo con la produzione di "Un'Estate Italiana", la sigla dei Mondiali di Calcio Italia '90 con le voci di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. I primi anni '90 segnano la scoperta di alcuni giovani gruppi e cantanti italiani, come Paolo Vallesi, Aeroplani Italiani, Gerardina Trovato e soprattutto Andrea Bocelli, che in breve tempo diventa una star internazionale dalle vendite stratosferiche. Passano gli anni ma il fiuto della Caselli (per la fortuna della musica italiana) non sembra conoscere momenti di calo: c'è infatti il suo zampino dietro ai successi di Elisa e Negramaro.

venerdì, 6 luglio 2007

Phil Collins


Batterista nato, pianista, cantante: Phil Collins è la dimostrazione che puoi avere successo anche se non hai il fisicaccio e stai perdendo i capelli; l'importante è saperci fare sul serio. Quando nel corso degli anni '80 diventa uno dei cantanti pop di maggior successo al mondo forse è lui il primo a rimanerne sorpreso, ma dopo il classico pizzicotto per verificare che non sia tutto un sogno la realtà parla chiaro: "In The Air Tonight", il suo primo singolo da solista, ha veramente conquistato la seconda posizione in patria (l'Inghilterra, dove è nato il 30 gennaio 1951).Molto prima di tutto questo Phil Collins è un bambino prodigio, che alla tenera età di 12 anni sta già in scena al London's West (è Artful Dodger nel musical Oliver!). Da quel momento in avanti si comporta come il prezzemolo in cucina: sta bene un po' ovunque, compresa una comparsata nel film dei Beatles "A Hard Day's Night".L'adolescenza è tutta all'insegna di musica, batteria e band con gli amici: prima i The Real Thing, poi i Freehold (con i quali Phil Collins entra per la prima volta in sala di registrazione), infine gli Hickory (che nel giro di poco tempo cambiano nome in Flaming Youth e nel 1969 pubblicano "Ark II", album ben recensito dalla stampa specializzata ma poco gradito al pubblico). Il vero decollo nel mondo della musica arriva nel 1970, quando viene scelto per sostituire il batterista dei Genesis, art-rock band destinata a fare la storia della musica inglese. Ma questa è un'altra storia, o almeno lo è fino al 1974, quando Peter Gabriel abbandona la band lasciando vacante il posto di cantante solista: dopo provini, tentativi e insoddisfazione a manetta, il resto del gruppo decide che la soluzione è dentro di sé e lancia l'ugola di Phil Collins (la leggenda dice che la decisione sia arrivata dopo 400 audizioni).Il risultato è una graduale semplificazione del sound dei Genesis, così da assecondare le caratteristiche musicali della voce di Collins, ma anche questa è un'altra storia, quella della nuova fase dei Genesis. Fino a quando, nel 1981, Phil Collins pubblica il suo primo album solista: "Face Value" diventa un campione d'incassi più di qualunque album dei Genesis e spara il singolo "In The Air Tonight" nella zona calda delle chart.Gli anni '80 sono all'insegna del piede in due scarpe con aggiunte varie: da un lato i Genesis, dall'altro la carriera solista, qua e là la vena jazz portata avanti con i Brand X (da tempo sua band collaterale), se capita pure colonne sonore per il cinema e qualche ruolo come attore. Ma tutto questo ben di dio non puoi mica portarlo avanti per troppo tempo, e così arriva l'anno 1993: dopo il tour mondiale dei Genesis seguito alla pubblicazione di "We Can't Dance" (1992), Collins rientra in studio e pubblica "Both Sides", ma il suo album solista #6 diventa il primo a non produrre alcuna grossa hit e a non diventare multi-platino. Nel 1995 Phil Collins lascia definitivamente i Genesis, l'anno successivo pubblica "Dance Into The Light" e si imbarca in un tour solista di grande successo.Ma la parte finale degli anni '90 segna un forte rallentamento della produzione: i fan devono aspettare il 1999 per poter godere di un disco live con tanto di big band al seguito ("A Hot Night in Paris") e ben 6 anni prima del vero e proprio ritorno in studio ("Testify", anno 2002). In mezzo, però, c'è l'Oscar 2000 per la miglior canzone originale grazie al tema del film "Tarzan", premio venuto dopo 2 precedenti candidature e dopo la vittoria ai Golden Globe (notoriamente trampolino eccellente per gli Oscar).

lunedì, 2 luglio 2007

Jimmy Page


Musicista geniale e chitarrista tanto eccezionale quanto sbadato (data la sua scarsa propensione a incidere più di una volta i suoi assoli, questi, in particolare nelle prime produzioni della sua ex-band, sono contemporaneamente bellissimi e approssimativi), Jimmy Page nasce il nove gennaio 1944 a Heston (Inghilterra). Già nella sua adolescenza viene riconosciuto come strumentista fuori dal comune, iniziando prestissimo a operare come session-man in quel di Londra a metà degli anni sessanta.Dopo un rifiuto iniziale, l’artista accetta nel 1966 l’offerta di entrare come bassista negli Yardbirds: ciò può sembrare strano, date le sue doti chitarristiche, ma bisogna considerare che al momento nella band il ruolo desiderato era occupato da Jeff Beck (che aveva da poco sostituito Eric Clapton: bei tempi, eh?), da sempre considerato dal nostro artista come un modello di tecnica. Dopo un breve periodo, comunque, Beck passerà la mano a Page, per poi rientrare e dar vita a un duetto chitarristico da leccarsi i baffi.Con la fine degli Yardbirds, Page fonda nel 1968 i New Yardbirds, che in breve diventeranno i Led Zeppelin, chiamando a raccolta musicisti d’eccezione come John Paul Jones (basso), John Bonham (batteria), Robert Plant (voce). Pietra miliare nella storia del rock, i Led Zeppelin incidono album assolutamente formidabili ("Led Zeppelin" I, II, III e IV, "Houses Of The Holy", e altri) codificando una volta per tutte il genere hard-rock e realizzando il sogno di Jimmy di poter incidere brani il cui suono ricordi quello di ‘un esercito di chitarre’.Dopo la morte di John Bonham (1980) i Led Zeppelin si sciolgono, e Jimmy cade in una profonda depressione che lo porta a non toccare la chitarra per quasi un anno. L’incisione di una colonna sonora ("Death Wish II") nel 1982 interrompe il silenzio dell’artista, mentre nel 1984 il progetto Honeydrippers porta Page nuovamente a collaborare con Robert Plant. Nel 1988, dopo una breve esperienza con Paul Rodgers all’interno dei Firm, Page realizza il suo primo album solista ("Outrider"), che rivela come le sue qualità, pur su tono minore, non si siano affatto offuscate, né sul piano tecnico-inventivo ("Prison Blues"), né su quello compositivo ("Emerald Eyes").Il 1993 vede una collaborazione con David Coverdale, ex-vocalist dei Deep Purple e dei Whitesnake ("Coverdale/Page"), e di lì a poco, dopo la conclusione di questo progetto, il chitarrista decide di riprendere a suonare con Robert Plant (con il quale si era già esibito a metà degli anni ottanta in una mitica performance al Live Aid). I frutti: la realizzazione nel 1994 di un MTV Unplugged e conseguentemente quella di un album ("No Quarter") di rivisitazioni zeppeliniane, senza contare una serie di tour in cui i due dimostrano tutta l’energia dei vecchi tempi. Nel 1998 i due incideranno ancora insieme, questa volta un album del tutto originale prodotto da Steve Albini: "Walking Into Clarksdale".

The Beatles


Ovvero, la musica. Ovvero, l’inizio di un’era destinata a lasciare un segno indelebile nella storia: sette anni di incisioni fondamentali, tutti i generi musicali sperimentati con enorme successo, un genio che a distanza di decenni continua a lasciare stupiti. Questo sono i Beatles, questa la loro storia.
Liverpool e dintorni, anno 1957. John Lennon (9/10/1940) suona con il suo gruppo – i Quarrymen – a una festa di beneficenza di paese. Più giovane di due anni, l’allora chitarrista Paul McCartney (18/6/1942) lo osserva stupito ("quel ragazzo – dirà più tardi – non si ricordava le parole e le improvvisava tutte, in un modo completamente assurdo"). Un amico comune li presenta, non scocca ancora alcuna scintilla, ma Paul viene accolto nella band. Di lì a poco anche George Harrison (25/2/1943), amico di Paul, entra nella formazione come chitarra solista. Quando nel 1960 il gruppo si arricchisce di due nuovi membri, il bassista Stuart Sutcliffe (1940-1962) e il batterista Pete Best (1941), la band ha già cambiato nome: da Quarrymen a Johnny And The Moondogs fino a Silver Beatles (costruito su un gioco di parole: ‘beetles’ significa ‘scarafaggi’, e ‘beat’ rimanda all’omonimo movimento musical-letterario). Di lì a poco l'aggettivo Silver verrà eliminato e il nome del gruppo sarà pronto per la leggenda.
Dopo alcune esibizioni nella nativa Liverpool, i cinque si trasferiscono ad Amburgo e si esibiscono in una serie di locali del quartiere a luci rosse: riescono a non farsi troppo distrarre dalle grazie femminili, migliorano la qualità delle esibizioni live e guadagnano qualche soldo. Dopo aver inciso un singolo come gruppo-spalla di Tony Sheridan ("My Bonnie/The Saints", 1961) i Beatles rientrano a Liverpool, cominciano a suonare al mitico Cavern Club e incontrano Brian Epstein (un negoziante di dischi che diventa loro manager e organizza un provino per Decca Records). E qui casca l'asino, perché produttori e funzionari che più tardi si sarebbero mangiati le dita giudicano vecchio il loro suond e non vendibile il loro look. Stesso lungimirante risultato presso altre etichette, fino a quando nel 1962 i Beatles approdano alla Parlophone, accolti da quello che diventerà il 'quinto' Beatles: il giovane e geniale produttore George Martin.
Nel frattempo la formazione della band conosce un vero e proprio terremoto: la morte del povero Stuart Sutcliffe sposta Paul al basso, mentre Pete Best viene giudicato da Martin non all’altezza del suo ruolo e lascia il posto a Ringo Starr (ovvero Richard Starkey, 7/8/1940): l'ex-batterista di Rory Storm And The Hurricanes si perde solo l'incisione del primo singolo dei Beatles ("Love Me Do", registrato con un session-man), ma consegna a Pete Best il premio per il musicista più sfortunato di sempre. Di qui in avanti, infatti, i Beatles riscuotono un successo che nessun altro ha mai eguagliato nella storia della musica.
E questo nonostante la primissima realizzazione susciti scarsa attenzione, perché poco tempo dopo il brano "Please Please Me" e l’album omonimo portano i Beatles in testa alle classifiche inglesi: è il 1963 e non c'è giovane che non venga conquistato dalla musica e dal look della band. Si vestono come loro, cantano le loro canzoni, sognano loro e soltanto loro, giorno e notte: è nata la 'beatlemania’.
Il talento di Lennon e McCartney sembra un fiume in piena e la loro collaborazione frutta una serie di album e di canzoni memorabili: "She Loves You", "I Wanna Hold Your Hand", "From Me To You" conquistano il pubblico inglese, e poco per volta anche gli Usa si accorgono che qualcosa di memorabile sta accadendo oltreoceano. Il 1964 è infatti l’anno dello sbarco dei Beatles (e della beatlemania) in America: l’apparizione all’Ed Sullivan Show provoca una sorta di effetto-domino che rapidissimamente rende i quattro ragazzi di Liverpool famosi in tutto il paese, e di qui in tutto il mondo (inizieranno presto tournèe in Europa, Asia e Australia). Nella primavera dello stesso anno, fatto unico nella storia, ai primi 5 posti delle classifiche di Billboard ci sono 5 brani del gruppo, mentre altri sette sono sparsi in varie posizioni. Milioni di copie vendute, attenzione frenetica di stampa e tv, tutti i ragazzi del mondo che cercano di imitare i quattro artisti (e tutte le ragazze innamorate di loro!). Che desiderare di più? Interpretati anche due film piuttosto divertenti ("A Hard Day's Night", in italiano "Tutti per uno" e "Help!", "Aiuto!"), i Beatles sfornano successi apparentemente senza alcuna fatica. Tanto che tra il 1964 e il 1965 realizzano ben 4 album ("A Hard Day's Night", "Beatles For Sale", "Help!" e "Rubber Soul"), venendo premiati per meriti economici dalla stessa regina Elisabetta con il titolo di baronetti.
L'ERA DEI GRANDI CAMBIAMENTI
In tutta questa baraonda qualcosa comincia a muoversi verso nuovi panorami. Il sintomo più evidente è che vengono interrotte le esibizioni pubbliche, anche se in realtà nastri e filmati dell’epoca raccontano che poco spazio esse concedevano alla musica: il popolo dei fan, colto da isteria e crisi di pianto, non sembrava minimamente interessato ad ascoltare le canzoni e non era raro che i concerti fossero molto più una lotta con il servizio d'ordine che altro.
A parte le esibizioni live, dunque, il grosso cambiamento è sul piano personale e musicale. Nel primo caso Lennon, Harrison e McCartney cominciano ad avvicinarsi alla spiritualità orientale, non disdegnando peraltro flirt con la psichedelia e le droghe. Dal punto di vista musicale le composizioni del gruppo diventano più complesse, emergono nuove influenze (dal soul alla musica indiana), ma soprattutto si fa strada una forte vena sperimentale. "Revolver" (1967, votato recentemente l’album più bello del secolo) contiene brani più articolati, con testi surrealistici e suoni più duri, mentre contemporaneamente vengono inseriti arrangiamenti d’archi nelle canzoni melodiche. Tra i singoli usciti lo stesso anno abbiamo forse la canzone più famosa di tutti i tempi, "Yesterday", a cui seguono "Paperback Writer", "Nowhere Man", "Eleanor Rigby" e "Penny Lane" (il cui lato B, incredibilmente, è costituito dalla celeberrima "Strawberry Fields Forever").
Nuovo anno, nuovo capolavoro: "Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band" (1967) è una collezione di canzoni che inventa di fatto lo stile brit-pop, portandolo alle sue vette più alte. L’arrangiamento di George Martin ormai si fonde completamente con le composizioni di Lennon e McCartney diventandone parte integrante. Impossibile, insomma, pensare "Lucy In the Sky With Diamonds", "A Day In The Life" o "All You Need Is Love" (singolo uscito successivamente all’album) senza l’apporto del grande George in sede di produzione. Ma la novità è che Harrison sta cominciando a scrivere alcuni tra i brani più belli dell’ultimo periodo del gruppo.
Nel frattempo però cominciano a sorgere forti tensioni interne, tra Paul e John in particolare; la morte di Brian Epstein c'entra non poco, perché il loro manager storico ha certamente giocato un forte ruolo coesivo. Ma, come vuole la leggenda, grande importanza assume il divorzio di John Lennon, che lascia la moglie per amore di un’artista giapponese chiamata Yoko Ono, e inizia con lei a intraprendere una serie di iniziative alternative, dall’impegno pacifista a un’attività parallela come musicista sperimentale.
Nonostante tutto ciò, la successiva realizzazione dei Beatles lascia di nuovo tutti a bocca aperta: nel 1968 esce il cosiddetto "White Album", un doppio LP di qualità eccezionale. Abbandonato il pop, i quattro ragazzi (ebbene sì, perché nonostante la maturità artistica, l’età media della formazione è di ventisei anni) sfornano qualcosa che non è paragonabile a nulla di precedente. Rock, sperimentazione e melodia si mescolano in maniera inusitata, frammentaria, a volte disarmonica, ma assolutamente unica. Il risultato nasce in parte proprio dalle difficoltà comunicative tra i membri della band, che spesso si trovano a incidere senza gli altri componenti, sbizzarrendosi così a proprio piacimento. Paul scopre tanto una vena acustica (restiamo ancora senza parole di fronte alla bellezza di "Blackbird", "I Will" e "Mother Nature’s Son") quanto un'eccellente ispirazione hard-rock ante litteram (non per nulla "Helter Skelter" è stata ripresa sia dai Motley Crue sia dagli U2, senza scordare però "Back In The U.S.S.R." e "Birthday").
John si dà a un rock sperimentale con atmosfere molto oscure ("Revolution 9", "Dear Prudence", ripresa non per nulla da Siouxsie and the Banshees, "Happiness Is A Warm Gun", e la stupenda "Julia", dedicata alla madre morta quando John era un bambino). George, in compenso, abbandonato per un momento il sitar, realizza forse il brano più bello dell’album e tra i migliori dei Beatles in assoluto, "While My Guitar Gently Weeps", il cui struggente assolo viene suonato dall’amico Eric Clapton. Di poco precedente all’uscita dell’album, il singolo "Hey Jude", uno dei più famosi pezzi del gruppo, riconferma che anche la vena per la forma più classica della canzone pop-rock non è affatto venuta meno.

VERSO L'IMMORTALITÀ
Dopo l’uscita di "Yellow Submarine" (1968), episodio minore in una storia fuori dal comune, nel 1969, ormai in clima di smobilitazione, vengono realizzati un album in studio ("Abbey Road") e un live composto unicamente da pezzi nuovi ("Let It Be", 1970). La registrazione di quest’ultimo è testimoniata da un film nel quale i 4 si esibiscono sul tetto della casa discografica, dando il via per l’ennesima volta a una moda. Ma, come si dice, siamo alla frutta: nonostante i brani ancora una volta splendidi ("Let It Be", "Get Back", "Across The Universe", "Here Comes The Sun", "Something") la formazione non prova più alcun desiderio di proseguire insieme, e il 10 aprile del 1970 Paul McCartney si assume l’ingrato compito di annunciarlo a tutto il mondo.
Che cosa rimane da dire? Molto e insieme molto poco. Nel corso degli anni Settanta diverse voci annunciano l’imminente reunion del gruppo, fino alla fatidica data dell’8 dicembre 1980, giorno in cui un folle uccide John Lennon. Paradossalmente, l’evento tanto atteso ha luogo proprio quando la sua impossibilità è ormai un dato di fatto: dopo un inaspettato rientro ai vertici delle classifiche inglesi con la ristampa in digitale di "Sgt. Pepper’s" nel 1987, e dopo la fortunata pubblicazione della "Beatles’ Anthology" nei primi anni novanta, Yoko Ono annuncia di avere custodito registrazioni inedite di Lennon. E, soprattutto, di essere disposta a consegnarle ai tre beatle rimasti. Nel 1995 "Real Love", ma soprattutto "Free As A Bird" con opportune inserzioni vocali di McCartney, ricreano per un istante il miracolo. Nonostante la resa non perfetta (soprattutto per quanto riguarda la voce di Lennon, originariamente incisa in maniera piuttosto artigianale), il risultato è in grado di evocare l’eco della passata grandezza.
Per la gioia di tutti i fan, però, non è ancora finita. Nel 2000, infatti, i 4 ragazzi di Liverpool sono di nuovo in testa alle classifiche di tutto il mondo. "1", la raccolta di tutti i singoli giunti al primo posto delle hitlist inglesi e americane nel periodo della loro sfolgorante collaborazione, riporta magicamente il tempo indietro ai mitici anni sessanta. Cosa questa che si ripete 3 anni dopo, quando "Let It Be... Naked" ripropone l'ultimo lavoro della band senza gli arrangiamenti postumi del produttore Phil Spector, che soprattutto McCartney non aveva mai gradito. Ma nel frattempo un altro beatle se n'è andato: George Harrison muore di cancro il 29 novembre 2001. Ed entra definitivamente nella leggenda.

The end -the doors

This is the end
Beautiful friend
This is the end
My only friend, the end

Of our elaborate plans, the end
Of everything that stands, the end
No safety or surprise, the end
Ill never look into your eyes...again

Can you picture what will be
So limitless and free
Desperately in need...of some...strangers hand
In a...desperate land

Lost in a roman...wilderness of pain
And all the children are insane
All the children are insane
Waiting for the summer rain, yeah

Theres danger on the edge of town
Ride the kings highway, baby
Weird scenes inside the gold mine
Ride the highway west, baby

Ride the snake, ride the snake
To the lake, the ancient lake, baby
The snake is long, seven miles
Ride the snake...hes old, and his skin is cold

The west is the best
The west is the best
Get here, and well do the rest

The blue bus is callin us
The blue bus is callin us
Driver, where you taken us

The killer awoke before dawn, he put his boots on
He took a face from the ancient gallery
And he walked on down the hall
He went into the room where his sister lived, and...then he
Paid a visit to his brother, and then he
He walked on down the hall, and
And he came to a door...and he looked inside
Father, yes son, I want to kill you
Mother...i want to...fuck you

Cmon baby, take a chance with us
Cmon baby, take a chance with us
Cmon baby, take a chance with us
And meet me at the back of the blue bus
Doin a blue rock
On a blue bus
Doin a blue rock
Cmon, yeah

Kill, kill, kill, kill, kill, kill

This is the end
Beautiful friend
This is the end
My only friend, the end

It hurts to set you free
But youll never follow me
The end of laughter and soft lies
The end of nights we tried to die

Roger Waters


Senza di lui i Pink Floyd non sarebbero esistiti.Cantante, bassista, compositore, talento puro: Roger Waters è stato il centro gravitazionale dei Floyd dal 1965 al 1983, attraversando la storia della musica rock in sella a uno dei migliori gruppi di sempre.Dopo di che ha abbracciato un'interessante carriera solista, ha festeggiato la caduta del muro di Berlino in modo indimenticabile ed è invecchiato senza consentire a chicchessia di dirgli cosa pensare. Impossibile aspettarsi di meno da uno dei figli più illustri del movimento psichedelico inglese.Comincia tutto il 6 settembre del 1943, quando George Roger Waters diventa il secondo bambino di casa.Non è un anno particolarmente bello, in cui nascere: la Seconda Guerra Mondiale sta devastando il mondo e può succedere che tuo padre sia arruolato per combattere al fronte. È esattamente quello che succede: Eric Fletcher Waters non tornerà mai a casa, ucciso sui campi di battaglia. A lui sarà dedicato, molti anni dopo, "The Final Cut" (tredicesimo disco dei Pink Floyd, targato anno 1983).Durante e dopo la guerra mamma Waters tiene duro, cresce i figli da sola e manda Roger a farsi una cultura nel politecnico londinese di Regent Street. Qui il destino comincia a giocare le sue carte: in quelle stesse aule studiano infatti Richard Wright, Nick Mason e Clive Metcalf. Diventano i compagni di Waters nei Sigma 6, la sua prima band.È il 1965 e tre dei futuri Pink Floyd già suonano insieme.Dopo aver cambiato un sacco di nomi e di musicisti, il trio assolda Syd Barrett. Da qui in avanti la storia di Floyd diventa realtà.All'inizio il grosso dell'ispirazione musicale viene proprio da Barrett, cui si deve gran parte del materiale di "The Piper At The Gates Of Dawn" (1967). Però Barrett si fa di acidi a più non posso, rischia di mandare il gruppo a vacche e molla tutto all'inizio del 1968.La palla passa a Roger Waters, quello dei Floyd che aveva più contribuito alla composizione di "The Piper At The Gates Of Dawn". Da qui in avanti il gruppo diventa sempre più una sua creatura. Fino a quando "The Final Cut" (1983), l'album più personale di Waters, non segna la fine dei Pink Floyd.Dopo la pubblicazione del disco ogni componente va per la sua strada.Roger Waters ci mette una pietra sopra e comincia a pensare al futuro. Del resto, è l'unico dei Floyd ad avere una sorta di disco solista alle spalle: si tratta di "Music From The Body" (1970), bizzarra colonna sonora del film "The Body", realizzata insieme a Ron Geesin e anticipatrice di alcuni lavori successivi dei Pink Floyd.Colonna sonora a parte, il primo vero album solista di Roger Waters arriva già nel 1983, complice il fatto che buona parte del materiale era stato sottoposto ai restanti Floyd al tempo di "The Wall". Il titolo? "The Pros And Cons Of Hitch Hiking". Si tratta di un concept album che indaga la psiche umana, si avvale dell'ottimo contributo di Eric Clapton e vanta una copertina censurata negli States (il sedere della modella Linzi Drew viene coperto da una grossa banda nera).Nel 1986 esce il film "When The Wind Blow" (regia di Jimmy T. Murakami), storia di una coppia di vecchi inglesi che si prepara per un imminente attacco nucleare. La colonna sonora del film è di Roger Waters, che in questo lavoro anticipa molti dei temi del suo secondo album ufficiale, "Radio K.A.O.S." (1987).Prima, però, c'è una lunga querelle legale: Gilmour, Mason e Wright vogliono rimettere insieme i Pink Floyd. Waters dice fate pure ma non utilizzate il nome. Di mettersi d'accordo con le buone non se ne parla. Finisce che vengono coinvolti gli avvocati e che il giudice dà torto a Waters: i Floyd tornano a esistere come trio e continuano per la loro strada.Waters incassa la sconfitta e passa oltre.Poi, a giugno del 1987 pubblica "Radio K.A.O.S." e parte per un lungo tour promozionale. Il disco è un concept album che racconta la storia di Billy, un ragazzo scozzese e invalido che sviluppa la capacità di ricevere le onde radio nella sua testa e lentamente scopre di poter controllare i più potenti computer del pianeta per sventare la minaccia nucleare. Non manca una vena fortemente polemica, anche se in alcuni casi è 'nascosta': per esempio, la copertina del disco è composta dai titoli delle canzoni in codice morse.È un sorta di avvertimento: dopo l'ultima traccia del disco, infatti, un messaggio audio in codice morse dice "Now the past is over but you are not alone, together we'll fight Sylvester Stallone. We will not be dragged down in his South China Sea, of macho bullshit and mediocrity".Chiaro che Waters accolga con entusiasmo la fine della Guerra Fredda e la caduta del muro di Berlino. Per festeggiare organizza un concerto da paura nella Potsdamer Platz: è il 21 luglio 1990. Solo 12 mesi prima quella era terra di nessuno, divideva Berlino Ovest da Berlino Est, era guardata da soldati che sparavano a chiunque tentasse di attraversarla. Adesso contiene oltre 300.000 persone e un supercast di musicisti, tutti intenti a suonare le note di "The Wall". Ci sono Bryan Adams, The Band (Levon Helm, Rick Danko, Garth Hudson), Paul Carrack, Thomas Dolby, James Galway, Jerry Hall, The Hooters, Cyndi Lauper, Ute Lemper, Joni Mitchell, Paddy Moloney, Van Morrison, Thomas Dolby, Ute Lemper, Marianne Faithfull, Sinead O'Connor e gli Scorpions.Ci sono anche gli attori Tim Curry e Albert Finney: nel brano "The Trial" interpretano rispettivamente il pubblico ministero e il giudice (quello che sancisce l'abbattimento del muro).Il concerto va in mondovisione, viene registrato ed esce l'anno successivo come disco: "The Wall: Live In Berlin, 1990" è il migliore festeggiamento possibile per la caduta del muro.Il ritorno con un nuovo album solista è per settembre del 1992, quando esce "Amused To Death" (alcuni lo considerano il capolavoro di Waters). Si tratta ancora di un concept album, che raffina ulteriormente il lavoro sui testi e sulla musica affrontando in modo diretto e profondo i pericoli del capitalismo, l'insensatezza dell'uomo, la stupidità della guerra e lo schifo di un intrattenimento programmaticamente vuoto. Come è facile intuire, ad alcuni non piace troppo.A differenza di "Radio K.A.O.S.", dopo "Amused To Death" non c'è la tradizionale tournée promozionale: Roger Waters comincia a diradare i suoi impegni, ma non smette di lavorare. Gran parte del tempo la dedica al progetto di un'opera in Francese e Tedesco, "Ca Ira".Alla fine, però, il palco torna a chiamarlo con insistenza e lui cede. È il 1999: il pubblico dimostra di gradire parecchio, tanto da costringerlo ad aggiungere un sacco di date al tour statunitense. Il risultato dà vita a "In The Flesh Live" (2001), un doppio CD che raccoglie il meglio delle performance in terra americana.Raggiunto il nuovo millennio, Roger Waters ha ormai superato la cinquantina, ha fatto la storia della musica e ha dimostrato di saper sopravvivere ai Pink Floyd portando avanti un percorso di alto livello artistico. Non tutti ci sarebbero riusciti. Secondo molti critici e fan, neppure i Floyd sono stati più in grado di raggiungere le vette del periodo in cui era lui a fare da centro gravitazionale della band.Insomma: è tempo di fare le cose con più calma, magari a costo di non pubblicare più niente di nuovo.E infatti il suo ritorno discografico non è con una novità: "Flickering Flame" (2002) esce in coincidenza con il nuovo tour mondiale e raccoglie uno spaccato della sua carriera post Pink Floyd, comprese un paio di rarità, due demo e un'intrigante cover di "Knockin' On Heaven's Door" di Bob Dylan.Ancora non è finita: il lungo lavoro sull'opera "Ca Ira" pare giungere a una fine all'inizio del 2005: si parla di una pubblicazione a breve sotto l'etichetta Sony Classical, con tanto di esecuzioni nei teatri.

sabato, 30 giugno 2007

Angus Young,rock n' roll ain't noise pollution


non c'è molto da dire,anzi forse niente..

Cliff Williams


Cliff Williams (Romford, Essex, 14 dicembre 1949) è un musicista inglese, noto soprattutto per essere il bassista degli AC/DC dal 1978.
Cliff si trasferì a Liverpool all'età di nove anni e lì trascorse l'adolescenza. Il suo primo lavoro fu operaio in una fabbrica.
Alla fine degli anni '60 diede le dimissioni per tentare la fortuna come musicista professionista. Insieme al cantante Mick Stubbs, il chitarrista Laurie Wisefield, il tastierista Clive John, il batterista Mick Cook e lui al basso, formarono gli Home
Nel 1970 il sound del gruppo, a metà fra un hard e un soft rock, valse un contratto con la Epic.Nel novembre 1971 gli Home fecero da gruppo spalla ai Led Zeppelin.
Nel 1974, a seguito dello scioglimento degli Home, Cliff Williams tornò in Gran Bretagna per formare un nuovo gruppo, i Bandit, ma nell'estate del 1978 Wiliams lasciò per unirsi agli AC/DC, prendendo il posto di Mark Evans.

Mark Evans


Mark Whitmore Evans (Melbourne, 2 Marzo 1956), è un bassista rock australiano.
Dal 1975 al 1977 fece parte del gruppo hard rock AC/DC come bassista e back vocals in pianta stabile. Partecipa alle registrazioni ed ai rispettivi tour degli album T.N.T., High Voltage, Dirty Deeds Done Dirt Cheap e Let There Be Rock. Nonostante il grande successo che stava ottenendo la band, Evans lascia nel 1977 e viene sostituito da Cliff Williams (costui è ancora l'attuale bassista) per l'album Powerage. Dal 1978 Evans suonerà in svariate band (tra le quali Finch, Heaven e Contraband). Resta comunque notevole l'apporto artistico di questo bassista nei primi album degli AC/DC, nei quali sono contenuti capolavori come Let There Be Rock, Problem Child, Whole Lotta Rosie, High Voltage, T.N.T., The Jack e molti altri brani di fama mondiale.

venerdì, 29 giugno 2007

Sting


Nato a Newcastle, città inglese nota per i cantieri navali e per le antiche mura romane, questo ex insegnante, allenatore di calcio e operaio di lavori stradali, ha fatto della sua arte una ricerca perpetua. Sono i Police a permettergli di affermarsi in tutto il mondo come compositore, autore e cantante: con “Outlandos D’Amour”, “Regatta De Blanc”, “Zenyatta Mondatta”, “Ghost in the Machine”, “Synchronicity” e una serie di raccolte e album dal vivo, il trio capeggiato da Sting si pone all’avanguardia della musica contemporanea negli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.Proseguendo poi da solista, proprio quando i Police erano all’apice della loro carriera, Sting non ha mai smesso di correre azzardi. “The Dream of the Blue Turtles” , “Bring on the Night”, “Nothing like the sun”, “The soul cages”, “Ten Summoner’s tales”, “Mercury Falling” e “Brand New Day” costituiscono una straordinaria sintesi di espressione personale e comunicazione universale. Spesso nelle cronache per il suo impegno nel campo dei diritti umani, Sting considera il suo attivismo una naturale conseguenza del fatto di essere un cittadino del Pianeta Terra. È tuttora impegnato a sostenere le cause dell’ambientalismo (con la moglie Trudie Styler ha fondato la Rainforest Foundation), di Amnesty International e dei diritti umani in ogni ambito. A suo avviso la sfera personale e quella politica sono tutt’uno; l’arte e l’azione diventano inestricabili. Infine, da buon comunicatore totale, oltre ai suoni Sting esplora le immagini; ha avuto ruoli in diversi film, tra cui “Quadrophenia”, “Stormy Monday”. “Dunes” e “Lock, Stock and two Smocking Barrels” (diretto da Guy Ritchie, marito di Madonna), comparendo anche a Broadway nell’ “Opera da tre soldi”. A proposito della sua inesauribile energia, Sting ha sagacemente commentato: “Nessuno è ancora mai riuscito a impormi un limite. Ci hanno provato, ma sono sempre stato capace di divincolarmi ed evitarlo, e continuo a farlo”.Eppure lungo tutto il percorso di ricerca una stella polare è sempre rimasta fissa: la musica. Eletto recentemente alla National Academy of Popular Music’s Songwriter Hall of Fame, Sting viene sempre più identificato con un approccio alla musica che non conosce frontiere, limiti o distinzioni di genere. Orgoglioso di poter annoverare tra i suoi collaboratori Branford Marsalis, Stevie Wonder, James Taylor, olter a Miles Davis, l’arrangiatore Gil Evans e il cantante algerino Cheb Mami, Sting è riuscito a dare corpo a un mondo musicale che, al pari del suo autore e creatore, resiste a ogni semplicistica definizione.Nel 1999 pubblica “Brand New Day”, che si aggiudica tre dischi di platino negli Stati Uniti, due premi Grammy come Miglior Album Pop e Miglior Interpretazione Vocale Pop Maschile e si avvicina alle 7 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Il successo dell’album lo porta a esibirsi al leggendario Superbowl, l’appuntamento immancabile degli americani con la partita ‘di coppa’ del football e gli viene dedicata una stella nella celebre Walk of Fame a Hollywood. Come se non bastasse, viene nominato agli Oscar per la miglior canzone originale grazie a “My Funny Friend And Me” tratto da “Le Follie Dell’Imperatore”, il film Disney che ha sbancato al botteghino. Nell’estate 2001 approda in Europa per un tour che riscuote grande successo. L’11 settembre 2001, il giorno dei tragici eventi terroristici che colpiscono gli Stati Uniti, Sting è nella sua casa nel Chianti toscano per una performance live davanti a una fitta schiera di addetti ai lavori e amici intimi, da cui scaturisce l’album live “All this Time”, pubblicato nel novembre dello stesso anno.Dopo 4 anni dall’ultimo lavoro in studio Sting torna con “Sacred Love”, un disco studiato fin nei dettagli del packaging per risultare diverso dalla sua precedente produzione e per lasciare una traccia indelebile nella sua discografia. In queso nuovo lavoro, anticipato dal singolo "Send Your Love", Sting si riavvicina alle atmosfere R&B dopo la performance con Mary J. Blige per "If You Love Somebody Set Them Free" in occasione dei VH1 Awards, i premi della musica assegnati dalla tv americana VH1. "Whenever I Say Your Name" è il frutto della collaborazione con la regina dell’R&B a distanza di due anni da quell’evento. Insomma, superata la soglia dei 50 anni e con ben 6 album solisti alle spalle Sting esce nuovamente allo scoperto per una nuova virata della sua carriera.

Janis Joplin


La prima autentica femminista nella storia del rock. E con un'ugola da brivido.Janis Joplin, voce rauco-blues-miagolante e supersexy, rimarrà per sempre nella colonna sonora ideale dei Sixties: emotiva ed energica al tempo stesso. La sua parabola musicale e personale la colloca tra gli eroi maledetti della grande stagione del Rock'n'Roll.La carriera solista, breve (negli anni) ma fulminante (nelle vendite), incomincia sul finire del decennio '60, quando la cantante lascerà la band dei Big Brother, inaugurando una serie di performance che passeranno alla storia. Il più grande merito di Janis Joplin è comunque di natura "sociologica":
è Janis che ribattezza il ruolo della donna nella cultura rock
è Janis che inaugura l'immagine della cantantessa sexy e sfrontata su e giù dal palco
ed è proprio Janis che inventa quell'incredibile stile vocale rauco & elettrico, clonato milioni di volte nei decenni seguenti: da Melissa Etheridge ad Alanis Morissette, da (perché no?) Steven Tyler ad Axl RoseMa dove affonda le radici Janis Joplin? A Port Arthur, la piccola cittadina texana dove nasce (19 gennaio 1943), cresce e dove sviluppa l'insofferenza verso ogni ambiente conservatore che sarà il suo eterno marchio di fabbrica. La musica è una via di fuga per la cantante: fin da ragazza inizia a strimpellare blues e folk per fuggire lontano da questo ambiente che le trasmette solo oppressione e contraddizione. Non è certamente una novità per gli Anni '60, se ne incontravano tante di persone così: infatti nel cammino di Janis ci imbattiamo anche in un certo Jorma Kaukonen, che più avanti diventerà chitarrista dei Jefferson Airplane. E Lady Janis sarà sempre una ragazza problematica: bruttina e sgraziata, si porterà dietro questo complesso di inferiorità che, a contatto con lo scintillio dello showbiz, sarà una delle cause della sua discesa autodistruttiva verso gli inferi.Alcune registrazioni del periodo degli esordi (inedite fino alla morte della nostra) documentano il debito di Janis nei confronti della grande Bessie Smith, ma dimostrano anche che la cantantessa aveva già le carte in regola per vantare uno stile personale ben prima del sodalizio col gruppo che poi la lancerà nel firmamento rock, Big Brother & the Holding Company.Attirata dal richiamo della hippy revolution, nel 1966 Janis si trasferisce a San Francisco (c'era già stata prima, ma di passaggio) ed entra nella band (dal sound molto psichedelico, in linea con la Città dei Fiori). La sua voce è qualcosa di veramente eccessivo e i primi mesi sono sufficienti a regalarle il passaporto per la notorietà planetaria. Anche a dispetto dei musicisti e del materiale: tutti e due non sempre su livelli ottimali.Big Brother non è granché come band, tuttavia quella miscela di blues e psichedelia aiuterà Janis (non sempre lead-singer nei brani del gruppo) ad affinare lo stile solista che nascerà poco dopo: e sarà proprio lei a regalare al combo l'unico briciolo di celebrità. L'anno è il 1967, la canzone è "Ball and Chain" (forse la migliore performance di Janis, catturata su film) e la cornice è lo storico Festival di Monterey, in pieno clima Flower Power.Dopo il debutto su etichetta Mainstream, i Big Brother si legano al manager Albert Grossman e migrano alla Columbia. Janis esce dal gruppo immediatamente dopo la pubblicazione del secondo album, "Cheap Thrills" (che comunque si piazza al top delle chart nel 1968), per inseguire golosi presagi di gloria.L'inizio dell'attività da solista avviene con "I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again Mama!", registrato assieme alla Kozmic Blues Band, un ensemble che comprende persino una sezione fiati e dove suona un trasfuga dei Big Brother (il chitarrista Sam Andrew). Pur essendo un hit, "Kozmic Blues" non è la miglior prova della nostra: la Kozmic Blues Band suona sicuramente più pulita del vecchio gruppo, ma certe vibrazioni soul-rock e quell'atteggiamento un po' distaccato danno un'impressione di generale forzatura. Questo non impedisce alla nostra di incidere hit assolute: per esempio "Try (Just a Little Bit Harder)" e "Little Girl Blue", in cui la sua voce tocca corde inarrivabili di strazio e commozione.Dopo il debut-album, la carriera di Janis Joplin diventa un'amara altalena fra droghe, alcolismo e amori sbagliati che riempiranno le biografie dei successivi decenni. Strano, perché musicalmente le cose cominciano ad andare bene proprio poco prima della morte: finalmente Janis trova una band di supporto più versatile, la Full Tilt Boogie Band, e ci fa l'ultimo disco: "Pearl", mirabilmente prodotto da Paul Rothschild, che aveva creato l'onirico e veemente suono dei Doors. L'album non convince appieno la critica: forse pecca in abrasività, tuttavia "Pearl" è la prova lampante della maturità raggiunta da Janis Joplin nell'ultimo periodo. Gli stili, una volta molteplici e sparsi, formano ora una miscela unica che è blues, è soul, è folk, è rock e non è nessuna delle suddette cose. È solo il Janis sound: e solo se ascoltiamo "Mercedes Benz", "Get It While You Can", e la versione di "Me and Bobby McGee" (hit presa da Kris Kristofferson, che le regalò il numero 1 postumo nelle chart) possiamo capire davvero quale fenomeno di sensualità musicale sia la Signora Janis Joplin.Janis Joplin viene trovata morta per un'overdose di eroina nella stanza di un albergo a Hollywood il 4 ottobre 1970: pochi giorni dopo uscirà "Pearl".La perla entra in circolazione, ma il gioiello... quello non c'è più.

John Paul Jones


John Paul Jones (vero nome John Baldwin, nato il 3 gennaio 1946 a Sidcup, Londra) è un musicista e compositore rock britannico, noto soprattutto come bassista, tastierista e co-autore dello storico gruppo hard rock dei Led Zeppelin. È ancora attivo nella scena musicale; fra i suoi lavori più recenti si possono citare la collaborazione con Diamanda Galas e la partecipazione come orchestratore d'archi nell'album Automatic for the People dei R.E.M..
Una sua famosa dichiarazione di come è entrato a far parte dei Led Zeppelin è la seguente: "Stavo vagando da un paio di giorni assonnato per casa, dopo diverse collaborazioni non avevo nulla da fare; fino a che mia moglie mi ha detto: "La smetti di trascinarti per casa, esci di qui, fai qualcosa cercati una band!"Avevo appena saputo che un muscista con cui avevo precedentmente collaborato, Jimmy Page, cercava un bassista..."